Settore alimentare: muffe e batteri mettono a rischio la salute

corsi sab settore alimentareLa contaminazione alimentare rappresenta una minaccia per la salute pubblica e l’igiene degli alimenti; quando questi vengono contaminati, agenti nocivi come microrganismi, sostanze chimiche indesiderate o oggetti estranei, possono rendere potenzialmente pericolosa l’assunzione di tali prodotti. A tal riguardo, è necessario il rispetto di protocolli di sicurezza specifici per le aziende alimentari. L’applicazione delle giuste misure igieniche per i lavoratori, gli alimenti, i locali e i macchinari impiegati è fondamentale, così come lo è il monitoraggio costante.

Muffe “utili” nel settore alimentare: quali sono?

Nell’industria alimentare, in particolare quella casearia, la presenza di muffe, funghi e lieviti si rivela utile in molti casi. Alcune muffe sono indispensabili per realizzare formaggi (ad esempio il gorgonzola) senza alcuna controindicazione, anzi per migliorare le proprietà organolettiche (odore, sapore). Si tratta delle cosiddette “muffe utili”, che si possono riscontrare anche nella fermentazione di alcuni vini e bevande. Tuttavia ci sono muffe responsabili di danni non indifferenti per la nostra salute, in quanto tossiche. Le aziende devono:

  • escludere la presenza di muffe tossiche per salvaguardare la salute dei consumatori;
  • garantire le proprietà organolettiche dei propri prodotti.

L’importanza di un ambiente igienizzato da muffe dannose

Un adeguato standard d’igiene richiede un’accurata analisi dei processi produttivi di alimenti. Un piano di igiene, per essere idoneo, deve considerare gli impianti che movimentano e trasformano, le persone che li manipolano, ecc. Devono essere adottate le soluzioni più adatte al caso. La disinfezione da muffe sul posto di lavoro è un aspetto importante. Le aziende devono prevenire situazioni di degenerazione improvvisa e di calo qualitativo del prodotto, anche per motivi d’immagine. Inserite nell’elenco delle sostanze pericolose definite dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), le muffe costituiscono un pericolo per la salute degli esposti. Lo sviluppo della muffa all’interno degli edifici è un evento legato essenzialmente al mancato ricambio d’aria indoor, per cui ventilando in modo adeguato il fenomeno si dissolve. Ci sono però diversi aspetti che facilitano la formazione di muffa, ovvero l’umidità e il calore eccessivi; la muffa si manifesta con chiazze sulle mura. Il problema dell’umidità nelle abitazioni non è solo estetico, dato che umidità e muffa sono potenziali rischi per la nostra salute. Un’appropriata sanificazione degli impianti e delle aree di lavorazione consente di evitare gli inquinanti dispersi, mettendo in sicurezza gli alimenti che vengono manipolati e riducendo le probabilità di contaminazione. È accertato che l’esposizione a muffe è correlata a problemi respiratori (es. asma, tosse); potrebbero dunque manifestarsi reazioni allergiche ed infiammazioni alle vie respiratorie. Anche la rinite allergica può essere una conseguenza: nota come “raffreddore allergico”, è caratterizzata da infiammazione e congestione delle vie nasali, irritazione agli occhi e stanchezza. I soggetti esposti a muffe potrebbero accusare diverse problematiche oculari, come la congiuntivite.

Condizioni favorevoli per la proliferazione delle muffe

Le muffe, dal colore biancastro, tendente al blu o al verde, potrebbero contaminare i generi alimentari. Proliferano lì dove vi è acqua, zuccheri o proteine; infatti, di solito si trovano sulla frutta, in particolare le pesche, l’uva e i mandarini (perché ad alto contenuto d’acqua), ma anche sulla zucca e sulle barbabietole (in quanto ricche di zuccheri). Si sviluppano facilmente in ambiente acido (pH 5,5) e a temperature non troppo elevate, tra i 15 e i 30°C. Possono essere demolite con la pastorizzazione, a temperature di 60-65°C.

Batteri e contaminazione degli alimenti

Diversi sono i batteri responsabili di contaminazione degli alimenti, come ad esempio: Escherichia Coli, Stafilococco Aureo, Salmonelle, Enterococco, Pseudomonas, Clostridium Perfringens, ecc. I batteri potrebbero raggiungere gli alimenti in seguito a correnti d’aria, o a causa dell’acqua presente negli impianti d’irrigazione che va a contaminarli. Alcuni batteri potrebbero invece essere trasferiti da prodotti crudi a cotti (determinando la “contaminazione crociata” o “cross-contaminazione”), causando potenziali rischi per la salute. La scarsa igiene del personale addetto alla manipolazione degli alimenti rappresenta un problema non indifferente.

Brucellosi nell’uomo: un’infezione trasmessa dagli animali

La brucellosi è una malattia infettiva trasmessa all’uomo dagli animali. Solo nel 2% dei casi si registrano decessi. E’ dovuta ai batteri del genere Brucella; in particolare sono i seguenti quelli maggiormente responsabili dell’infezione:

  • Brucella abortus;
  • Brucella melitensis;
  • Brucella suis.

Potrebbero essere coinvolti molti animali; eliminano però tali batteri in quantità minima anche tramite le feci e le urine. L’uomo potrebbe essere contagiato in diverse situazioni:

  • Assunzione di cibi contaminati: latte non pastorizzato e suoi derivati, ricotta, burro e panna;
  • Contatto diretto con animali infetti: ad esempio in presenza di ferite sulla cute o la mucosa congiuntivale degli occhi;
  • Tramite inalazione: le brucelle potrebbero contaminare l’aria, ad esempio nelle stalle con animali malati.

Sono a rischio gli allevatori, i macellai, i cacciatori, ecc. E’ quasi impossibile la trasmissione della patologia da uomo malato a sano. I sintomi sono acuti o cronici (persistenti nel tempo), quali: febbre, stanchezza, malessere generale, dolori diffusi ai muscoli e alle articolazioni, cefalea, ecc. Il periodo d’incubazione va dalle 2 alle 4 settimane. Nell’animale la brucellosi potrebbe comportare l’aborto. La persona affetta deve ricorrere ad una terapia antibiotica, una volta stabilita con certezza la diagnosi, per evitare eventuali complicanze, anche gravi. A livello preventivo, i casi di brucellosi possono essere prevenuti con alcune accortezze:

  • vaccinazione del bestiame;
  • pastorizzazione o sterilizzazione del latte e suoi derivati;
  • evitando il consumo di latte o altri prodotti caseari non pastorizzati e la carne cruda.

Per chi svolge un lavoro a rischio di contrarre la brucellosi, deve:

  • indossare guanti di gomma, ad esempio durante la mungitura o il parto;
  • sterilizzare il materiale contaminato e le stalle.

Insetti e contaminazione degli alimenti

Proprio per prevenire i rischi di contaminazione degli alimenti, le aziende alimentari devono evitare la presenza di insetti infestanti sul posto di lavoro; potrebbero essere fonte di batteri pericolosi per le persone esposte e comportare un danno di immagine non indifferente. Se un cliente ad esempio vedesse uno scarafaggio all’interno di un ristorante, come minimo non tornerà più, ritenendo il locale non igienico. La presenza di scarafaggi, formiche, mosche, ecc. non viene di certo ben vista. Si tratta di una contaminazione batterica che può essere evitata liberandosi da tali insetti tramite insetticidi chimici. Sono d’aiuto, a tal riguardo:

  • trappole collanti per scarafaggi e formiche;
  • trappole al neon per insetti volanti.

La disinfestazione del locale è importante, ma deve essere affiancata ad un monitoraggio. Gli scarafaggi, in particolare, possono provenire dagli scarichi, o da soffitti, o addirittura portati erroneamente durante le consegne dai fornitori; non si può sapere. Per tale ragione è bene controllare costantemente la situazione ed applicare le opportune misure correttive.

Manuale HACCP: un obbligo per le aziende alimentari

L’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) è un sistema impiegato nel settore alimentare, che identifica, valuta e monitora i punti critici di controllo, dalla manipolazione alla vendita dei generi alimentari. L’obiettivo è minimizzare i rischi in merito all’igiene degli alimenti. Per assicurare la corretta attuazione dell’autocontrollo, la normativa vigente impone alle aziende alimentari di elaborare un Manuale di autocontrollo HACCP. Interessa quindi ogni attività che si occupa di preparazione, produzione, imballaggio, vendita, trasporto e somministrazione di generi alimentari (ristoranti, bar, pasticcerie, macellerie, panifici, ecc.). Tale manuale deve prendere in considerazione ciò che può costituire un rischio per la salute del consumatore finale e per l’igiene del prodotto stesso. Deve essere predisposto dal Datore di Lavoro, in collaborazione con un consulente esperto nel campo dell’igiene alimentare. Si tratta di un documento che considera i punti critici di controllo che si possono riscontrare durante le attività che l’azienda svolge quotidianamente. Ogni azienda lo redige in base alle proprie esigenze (non può essere uguale per tutte le aziende alimentari). Il Manuale deve essere conservato in azienda per poter essere visionato dai dipendenti all’occorrenza o esibito agli organi di vigilanza durante eventuali accertamenti. Non esistono periodicità obbligatorie per l’aggiornamento dello stesso, ma va rivisto in caso di modifiche importanti del processo operativo, l’acquisto di un nuovo macchinario, la comparsa di nuovi punti critici, ecc. Sono previste severe sanzioni per coloro che non predispongono un piano di autocontrollo HACCP.

Corsi SAB: somministrazione alimenti e bevande

Aprire un’attività di somministrazione di alimenti e bevande è il sogno di molti, ma per farlo è necessario frequentare un corso SAB (Somministrazione Alimenti e Bevande). Ha una durata di 120 ore e prevede il conseguimento di un attestato valido in tutta Italia (indipendentemente dalla regione in cui l’allievo segue il corso). Sono obbligati a frequentarlo tutti coloro che si occupano di attività di vendita/somministrazione di generi alimentari. Per quanto riguarda la modalità di erogazione del corso, è vietata la formazione interamente online, ma è concessa quella a distanza per 60 ore: 12 ore online (da frequentare in modo autonomo) e 48 ore in videoconferenza (si tratta di una diretta con gli insegnanti, in date/orari prestabiliti). La normativa di riferimento è il D.lgs. n.59 del 26 marzo 2010. Si fa presente che per avviare l’attività va presentata una domanda al Comune competente per territorio, la cosiddetta “Segnalazione Certificata di Inizio Attività” (S.C.I.A.).