Ci si abbronza di più al mare o in montagna?

Scottature solari: come evitarle e curarle

L’abbronzatura perfetta e duratura piace a qualunque età. Il primo giorno di esposizione al sole è quello più critico per le scottature, specialmente se stiamo esposti al sole per diverse ore. Ciò dipende soprattutto dalla nostra pelle e dal colore degli occhi: chi ha capelli e occhi scuri di norma ci mette qualche ora a prendere colore. Per evitare di scottarsi, è importante seguire alcuni consigli:

  • L’abbronzatura non deve essere presa tutta in una volta ma giorno per giorno: ci si deve esporre al sole con gradualità;
  • Evitare di prendere il sole nelle ore più calde: dalle 11 alle 15 i raggi solari sono verticali e quindi pericolosi;
  • Applicare la crema solare, specialmente nei primi giorni: in caso di pelle chiara, è opportuno usare una buona protezione da mettere ogni due/tre ore e dopo i bagni.

Le scottature solari sono da evitare: andiamo a vedere cosa sono e come possiamo prevenirle.
Generalmente la scottatura solare è una lesione (si può manifestare anche solo con un po’ di arrossamento) che riguarda la parte più superficiale dell’epidermide; potrebbe generare del prurito o, in casi più gravi, un gonfiore cutaneo, senso di bruciore ed estrema sensibilità della parte lesa. La scelta della crema protettiva è qualcosa che non va tralasciato; il prodotto deve essere adatto alla carnagione e deve tenere conto di una serie di fattori che riducono i danni recati dall’esposizione solare. Occorre inoltre anche stare attenti alle ore in cui si vuole prendere il sole e alla sensibilità della propria cute. Evitare di scottarsi è possibile e la scelta di determinati comportamenti rappresenta una forma di tutela per la propria pelle. Tali scottature sono molto comuni e riguardano in particolare chi si trova in vacanza i primi giorni di mare. Se non si è riusciti ad alleviare il fastidioso senso di bruciore è utile ricorrere a dei rimedi specifici. Tra le cure più utilizzate vi sono gli impacchi freddi e umidi, che eliminano il calore e il dolore nella zona interessata, ma anche l’uso di creme rinfrescanti e lenitive costituiscono un’ottima soluzione al problema. Se invece ci troviamo difronte a scottature piuttosto gravi ci si deve rivolgere ad un medico per stabilire la terapia ottimale per risolvere il malessere.

Abbronzatura: meglio al mare o in montagna?

Non tutti sanno che ci si abbronza più facilmente in montagna che in spiaggia. Al contrario di tante dicerie che sembra che per avere un’abbronzatura perfetta si deve andare per forza al mare, non è affatto così. La motivazione è che più saliamo di quota, meno atmosfera c’è che ci protegge dalla luce solare. La montagna è più fresca e ventilata, ma nonostante ciò ci si abbronza. Proprio perché non sentiamo il caldo sulla pelle rischiamo di scottarci. Non occorre necessariamente spostarsi chissà quanto in alto: già a 500 m la radiazione solare è più forte di quando siamo al mare. Per quanto riguarda la montagna, ha un bel vantaggio rispetto al mare: si sta più freschi e ci si abbronza di più, anche troppo se non si presta attenzione (e si risparmia meno durante la stagione estiva). Si fa presente che in ogni posto, che sia mare o montagna, bisogna fare attenzione anche ad altri aspetti che incidono ulteriormente: l’acqua del mare, di un fiume o di un lago, va ad aumentare la probabilità di scottarsi, proprio per la riflessione dei raggi solari; questa è la ragione per la quale quando si sta in acqua a fare il bagno ci si abbronza più rapidamente rispetto a quando ci si sdraia in spiaggia sull’asciugamano. Vediamo ora una curiosità, su come sono cambiati i tempi e i modi di pensare: oggigiorno chi è abbronzato è considerato di bell’aspetto, ma in passato non era così, anzi era proprio il contrario! Circa 45 anni fa e anche oltre, le persone per essere viste belle fisicamente dovevano avere la pelle chiara, al punto che le donne che se lo potevano permettere andavano in giro con il parasole. Le persone povere erano i contadini, che erano abbronzati proprio perché lavoravano la terra.

Raggi UV: quali sono i lavoratori a rischio?

Molti lavoratori sono costretti a stare a lungo sotto il sole senza alcun riparo, ma molto spesso non conoscono esattamente i disturbi che potrebbero accusare; tra questi vi sono i danni alla pelle, a breve e a lungo termine. Tutte queste persone (pensiamo ad esempio agli operai edili, vigili urbani, agricoltori, bagnini, istruttori di nuoto, benzinai, parcheggiatori, marinai) esercitano le proprie mansioni all’aria aperta trascorrendo quindi le ore lavorative sempre sotto il sole. Si tratta dei cosiddetti “lavoratori outdoor”.  I lavoratori del settore agricolo o edile, in particolare, trascorrono ore e ore sotto i raggi solari e sono soggetti al rischio di incorrere nel colpo di calore. Questo disturbo si manifesta generalmente con un forte senso di stanchezza, annebbiamento della vista e ronzii alle orecchie. Si ricorda che l’esposizione al sole non è particolarmente indicata per le seguenti categorie di lavoratori:

  • donne in gravidanza;
  • albini;
  • persone che hanno accusato un tumore cutaneo;
  • soggetti con pelle e capelli chiari, che quindi si scottano facilmente al sole.

Si fa presente, inoltre, che, in base al D.Lgs.81/08, in ogni tipo di azienda, tutti i lavoratori devono partecipare a corsi obbligatori per lavoratori per essere informati sui rischi correlati alla propria attività lavorativa. E’ indispensabile l’uso dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), in particolare indumenti protettivi adeguati. Vediamo ora quali sono i rischi correlati all’esposizione giornaliera ai raggi ultravioletti. La radiazione solare ultravioletta deve essere vista come un vero e proprio pericolo per i lavoratori outdoor. Le aziende devono valutare il rischio da esposizioni a tali radiazioni pericolose per la salute, così come anche tutti gli altri rischi che potrebbero essere presenti nell’ambiente di lavoro. Stare al sole per diverse ore può generare, soprattutto in caso di pelle chiara, l’eritema solare. Se l’esposizione è stata particolarmente intensa possono svilupparsi vescicole o bolle (si tratta quindi di ustioni solari). Altro genere di lesione a livello cutaneo è la fotosensibilizzazione, che consiste in una reazione della pelle per l’assunzione di farmaci o l’uso di creme, profumi o trucchi, che aumentano la sensibilità della cute all’esposizione solare.
Esposizioni al sole prolungate nel tempo potrebbero recare danni cronici; i soggetti più a rischio sono quelli dalla pelle chiara o non adeguatamente protetta. I raggi ultravioletti (UV) hanno la capacità di danneggiare la cute e causare alcuni tumori della pelle; a tal riguardo possiamo citare il melanoma, che colpisce tipicamente le zone più sottoposte al sole (volto, cuoio capelluto, dorso delle mani). Si ricorda che un melanoma non è sempre dovuto all’esposizione solare: bisogna considerare anche altri aspetti, come ad esempio l’abitudine di effettuare lampade abbronzanti. La probabilità è più elevata nelle persone che hanno già avuto un melanoma o per chi ha due o più familiari di primo grado affetti da questa malattia. Passiamo ora alla classificazione dei raggi UV: si distinguono in UV-A e UV-B. I primi riescono a raggiungere gli strati cutanei più profondi (c’è da stare attenti perché sono responsabili dell’invecchiamento precoce della nostra pelle); i raggi UV-B provocano generalmente eritemi e ustioni solari. Tempo fa si pensava che i raggi UV-B fossero la causa del melanoma, ma oggi gli esperti sono propensi a credere che anche i raggi UV-A sono i responsabili. Per questa ragione, i dermatologi consigliano di prendere il sole solo con l’applicazione di creme solari che riflettono, assorbono e/o dissipano entrambe le tipologie di raggi.

Luce solare: quali abiti indossare per proteggersi?

Per i lavoratori esposti a radiazioni ultraviolette è utile, se possibile, organizzare l’orario di lavoro, in modo tale che nelle ore in cui gli UV sono più forti (tra le 11:00 e le 15:00) vengano effettuate attività al chiuso o all’ombra, riservando i compiti all’aperto solo durante la mattina e la sera.
E’ opportuno pranzare e fare pause sempre in zone ombreggiate.
Si ricorda che anche se il cielo è nuvoloso siamo comunque esposti ai raggi UV; sicuramente il vento e la foschia riducono il calore ma il rischio di arrossarsi. E’ bene proteggersi non solo in estate ma durante tutto l’anno. Devono necessariamente proteggersi tutti coloro che non solo stanno al sole per motivi professionali ma anche per lo sport. Passiamo ora agli indumenti protettivi per la pelle. Si consiglia un cappello protettivo con visiera, con copertura delle orecchie e del collo per tutte le mansioni outdoor. Il lavoro sotto il sole non è salutare a dorso nudo: sono da preferire abiti leggeri, freschi e larghi per agevolare i movimenti. Un tessuto bagnato, strappato o logorato protegge meno dai raggi ultravioletti rispetto a quello asciutto. La lana fornisce un’ottima protezione ma ovviamente non può essere proposta in estate. E’ bene indossare un tessuto con un mix di cotone/poliestere che risulta fresco e fornisce una buona protezione. Anche lo spessore del tessuto influenza la capacità di risposta ai raggi UV: un tessuto molto spesso protegge maggiormente. I capi d’abbigliamento “anti UV” devono essere conformi alle norme UNI (Ente Italiano di Normazione): riportano la marcatura, il numero della norma e altre indicazioni utili per l’utilizzatore (ricordando ad esempio che il sole è responsabile di danni alla cute). I prodotti si trovano facilmente sul mercato, soprattutto nei negozi sportivi.