Alberghi: normativa rischio incendio 

antincendioSecondo quanto stabilito dal D.M. 02/09/2021, i Datori di Lavoro devono effettuare la valutazione del rischio incendio in tutti i luoghi di lavoro. Per quanto riguarda nello specifico gli alberghi con oltre 200 posti letto, la normativa vigente li classifica come livello elevato (detto anche “livello 3”); chi gestisce tali strutture deve tutelare la sicurezza dei lavoratori e degli ospiti. Labor Security srl, sita in Viale Palmiro Togliatti, 1520 (Roma), organizza corsi per addetti all’antincendio di livello 3. In caso d’incendio sul posto di lavoro bisogna agire rapidamente, senza farsi prendere dal panico. La formazione antincendio fornisce delucidazioni sulle cause di un incendio e sulle modalità di estinzione. E’ bene sensibilizzare i lavoratori e le aziende sulla prevenzione incendi e la gestione degli stessi. I Datori di Lavoro devono far riferimento al D.M. 02/09/21 per tutelare i propri dipendenti da eventuali incendi. Si fa presente che gli alberghi con oltre 25 posti letto sono soggetti al controllo dei Vigili del Fuoco e devono redigere il piano di emergenza, in base al D.P.R. 151/2011.

Perchè scoppia un incendio in un albergo?

Gli alberghi presentano rischi d’incendio dovuti ad esempio a guasti elettrici, al surriscaldamento di macchine o alla presenza di materiale facilmente infiammabile. Zone a rischio sono le cucine, le lavanderie e i magazzini. Come prevenire? E’ necessaria l’installazione di sistemi di allarme e rivelazione; devono essere presenti in azienda estintori, in numero sufficiente e di tipologia adeguata (schiuma, polvere o anidride carbonica, in base alla natura del possibile incendio). Deve essere formulato un piano di emergenza e formato il personale addetto all’antincendio. Quali sono le aree maggiormente a rischio in un albergo?

  • Cucine e lavanderie: attrezzature quali frigo, asciugatrici e lavatrici possono subire un riscaldamento eccessivo; anche la presenza di fumo e calore aumenta in tali aree la probabilità di sviluppo di un incendio.
  • Magazzini: necessitano di misure di protezione idonee, come i sistemi di ventilazione e materiali resistenti alle fiamme.
  • Camere da letto: al loro interno vi sono infatti frigo che potrebbero surriscaldarsi e anche altri materiali combustibili.
  • Impianti elettrici: a questi possiamo associare un guasto, un cortocircuito, l’uso inadeguato di spine e prolunghe che potrebbero innescare un incendio.

Attività a rischio incendio elevato

Il D.M. 02/09/2021 considera ad elevato rischio incendio (livello 3):

  1. stabilimenti di “soglia inferiore” e di “soglia superiore” come definiti all’art. 3, c. 1, lettere b) e c) del D.lgs. 26/06/15, n. 105;
  2. fabbriche e depositi di esplosivi;
  3. centrali termoelettriche;
  4. impianti di estrazione di oli minerali e gas combustibili;
  5. impianti e laboratori nucleari;
  6. depositi al chiuso di materiali combustibili aventi superficie superiore a 20.000 m2;
  7. attività commerciali ed espositive con superficie aperta al pubblico superiore a 10.000 m2;
  8. aerostazioni, stazioni ferroviarie, stazioni marittime con superficie coperta accessibile al pubblico superiore a 5.000 m2; metropolitane in tutto o in parte sotterranee;
  9. interporti con superficie superiore a 20.000 m2;
  10. alberghi con oltre 200 posti letto;
  11. strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero o residenziale a ciclo continuativo o diurno; case di riposo per anziani;
  12. scuole di ogni ordine e grado con oltre 1.000 persone presenti;
  13. uffici con oltre 1.000 persone presenti;
  14. cantieri temporanei o mobili in sotterraneo per la costruzione, manutenzione e riparazione di gallerie, caverne, pozzi ed opere simili di lunghezza superiore a 50 metri;
  15. cantieri temporanei o mobili ove si impiegano esplosivi;
  16. stabilimenti ed impianti che effettuano stoccaggio di rifiuti, ai sensi dell’art. 183, c. 1, lettera aa) del D.lgs. 03/04/06, n. 152, nonché operazioni di trattamento di rifiuti, ai sensi dell’art. 183, c. 1, lettera s) del medesimo decreto legislativo; sono esclusi i rifiuti inerti come definiti dall’art. 2, c. 1, lettera e) del D.lgs. 13/01/03, n. 36.